In un contesto finanziario nel quale non ne esistono più investimenti a rischio zero ed i tassi di interesse sono irrisori, negli ultimi anni i risparmiatori disorientati si sono mossi alla ricerca di strumenti finanziari che garantissero loro solidità e remunerazione interessante. Lo scotto pagato dagli investitori italiani in relazione all’ andamento dello spread che ha reso anche i titoli di stato degli strumenti finanziari ad elevata volatilità e a rischio solvibilità da parte dell’emittente, ha generato un processo di ricerca continuo di settori di investimento sicuri nel tempo e sono tornati di grande attualità i cosiddetti beni rifugio.
Tra questi, sicuramente, l’oro è tornato di gran modo; per altri risparmiatori, invece, si è aperto un mondo relativamente nuovo come quello delle pietre preziose e diamanti da investimento.
La truffa dei Diamanti da Investimento
Il settore delle pietre preziose è un comparto interessante, ma estremamente delicato da gestire. Sono infatti necessarie competenze specifiche in relazione sia alla conoscenza delle pietre stesse (purezza, lucentezza, caratura sono concetti difficili per i meno avvezzi), ma anche in relazione al mercato che ne regola i prezzi e la liquidabilità. In difetto di tali conoscenze è evidente che effettuare un investimento in pietre preziose da investimento deve essere supportato da professionisti seri che possano consigliare al meglio il risparmiatore.
Su questo terreno vergine e fertilissimo, hanno trovato vita facile le società che si occupano di collocare Diamanti da investimento presso il pubblico retail; con la compiacenza e l’aiuto di alcuni Istituti di Credito, un numero sempre maggiore di piccoli risparmiatori italiani si sono trovati imprigionati in un meccanismo perverso. Quale sia stata la dinamica precisa della “truffa” dei Diamanti è ormai noto. Due società operanti sulla piazza italiana nel settore delle pietre preziose da investimento, non potendo collocare direttamente le pietre presso i piccoli risparmiatori hanno siglato un accordo di collaborazione con alcuni Istituti di Credito Italiani.
Tramite gli sportelli ed i consulenti finanziari delle Banche, quindi, l’investimento in diamanti veniva proposto a piccoli e grandi risparmiatori descrivendone, con dovizia di materiale grafico e brochure pubblicitarie, la solidità nel tempo e la remunerazione costante ed interessante nel corso degli anni. I risparmiatori, attirati con l’idea di diversificare il proprio portafoglio per minimizzare i rischi e ingolositi da rendimenti che venivano definiti a due cifre, hanno risposto positivamente alle sollecitazioni di investimento.
Il contratto si perfezionava con l’acquisto di un quantitativo di pietre che venivano consegnate, in un apposito blister, al cliente corredate da un certificato di garanzia che ne esprimeva il grado di purezza, la tipologia della pietra e la caratura. Il prezzo di acquisto non era soggetto a contrattazione, ma a pseudo leggi di mercato; la garanzia era quella di avere un investimento privo di rischi e liquidabile in qualsiasi momento ed in qualsiasi parte del mondo.
La certezza era quella di aver pagato ad un prezzo non congruo ai reali valori di mercato (si parla del doppio) delle pietre che dovevano essere detenute per un lungo periodo di tempo prima che le penali di uscita applicate in caso di liquidazione si ridimensionassero. Le pesanti penali di uscita che nel caso migliore non sarebbero mai scese al di sotto del 7%, dissuadevano il risparmiatore alla vendita invogliati al mantenimento anche da resoconti consegnati dagli istituti di credito che mostravano guadagni eccezionali.
Alle prime avvisaglie di preoccupazione dei risparmiatori in merito, ci si è resi conto che le pietre non potevano essere liquidate al di fuori del canale di acquisto e che i prezzi erano di gran lunga inferiori a quelli dichiarati dalle compagnie e dalle banche. Quando è aumentato vertiginosamente il numero delle persone che intendevano disfarsi dell’investimento, è apparso evidente che i contratti erano illiquidi non vi erano acquirenti interessati all’acquisto. Ogni tentativo di liquidare presso terzi era scongiurato da prezzi talmente bassi da non essere accettabili.
Alla fine i risparmiatori sono rimasti con le pietre in mano e le Banche, che per la loro mediazione avevano incassato lauti guadagni, con evidenti problemi legali e cause da parte della clientela oltre che una perdita di credibilità inqualificabile. Le società di distribuzione dei preziosi, non più in grado di sostenere il gioco, hanno dovuto, di fatto, cessare l’attività.
Truffa Diamenti Banche
In seguito alle indagine condotte dalla Guarda di Finanzia che ha contestato numerosi illeciti ai danni dei risparmiatori (tra cui il reato di truffa) cinque istituti di credito risultano indagati (Banca BPM, Intesa San Paolo, Banca Aletti, Unicredit e MPS). Oltre alle banche maggiormente attive nel settore, risultano indagate anche le due società di collocazione delle pietre e, a titolo personale, circa 70 persone fisiche tra cui il direttore generale della Banca Popolare di Milano.
La Guardia di Finanza ha inoltre disposto il sequestro, a titolo precauzionale, di oltre 700 mln di Euro complessivi e ripartiti in modo diverso tra gli indagati. Il numero dei risparmiatori colpiti è elevatissimo; tra i nomi più conosciuti, il cantate Vasco Rossi, l’imprenditrice farmaceutica Diana Bracco e altri volti noti della televisione come Federica Panicucci e Simona Tagli.