Torna di moda prepotentemente l’argomento Spread, indicatore che viene usato come un termometro – anche psicologico – di affidabilità economica degli Stati della zona Euro. L’andamento del ‘differenziale’ (tale è la corretta traduzione del termine anglosassone ‘spread’) tra il BTP decennale italiano e il parallelo Bund tedesco rientra tra i parametri usati per ricavare lo stato di salute dell’economia di un Paese, soprattutto in ambito europeo e in seno ai paesi che hanno adottato l’Euro come divisa comune (non potendo più svalutare o rivalutare una moneta locale per adeguare i livelli macro-economici tra Stati come quando avevamo la lira, il marco, il franco, la peseta etc).
Lo Spread del BTP italiano ha toccato il suo massimo storico il 9 novembre 2011, quando è arrivato a quotare 574 punti nel frangente che ha poi portato all’abbandono da parte di Silvio Berlusconi del governo (rendimento del BTP a 7,47%) e all’arrivo del governo tecnico di Mario Monti – che lavorò comunque per diverso tempo con uno spread oltre 400-500 punti.
Il 29 maggio 2018 lo spread ha toccato nuovamente quota 320 punti, che era considerato il massimo dal 2013, ma poi è ridisceso nell’intraday a quota 270 (che corrisponde a un rendimento della cedola del 2,8%) per i Buoni del Tesoro emessi dallo Stato Italiano.
Siccome gli interessi che i treasuries italiani devono pagare per essere acquistati salgono, parallelamente si ottiene una salita dei rendimenti per gli investitori che vogliono comprarli ora, generando così un differenziale di tassi di interesse verso i Bund tedeschi., che sono considerati i titoli del tesoro più affidabili d’Europa.
L’indicatore italiano si colloca a metà strada tra quello greco, a oggi considerato il Paese dell’Eurozona meno affidabile e quindi costretto a pagare uno spread di 453 e quello spagnolo (spread a 116,2), considerate le due economie più vicine a quella del nostro Paese. Gli altri spread europei sono l’austriaco (34,8), quello belga (40,5), quello del Portogallo (17,6) e dell’ Ungheria (281) e quelli di Slovenia e Irlanda (rispettivamente 83,4 e 62,3 ), con la Francia che veleggia su un tranquillo 32,7 (fonte: Il Sole 24 Ore).
La situazione spread a maggio 2018
La situazione spread italiano a maggio 2018 era diventata esplosiva anche perché nel frattempo erano scesi leggermente i rendimenti dei bund tedeschi, generando un allargamento perciò della forbice tra Italia e Germania che incideva ancor più marcatamente sui valori dell’indicatore. Anche se tuttavia lo Spread sale – e perciò l’Italia viene considerata leggermente più a rischio rispetto a prima come capacità di remunerare il proprio debito pubblico – l’impatto maggiore non si ha tanto sui mutui dei singoli cittadini (come affermato dal Presidente della Repubblica in un recente discorso), quanto piuttosto dal fatto che il Belpaese pagherà di più per finanziare il proprio debito pubblico, essendo costretto a emettere i nuovi treasuries (cioè i titoli di debito pubblico, i BOT e i BTP) con tassi di interesse più alti.
Dal punto di vista dei mutui infatti, delle due tipologie, a tasso fisso o variabile, la prima non è chiaramente influenzata dagli andamenti dello Spread BTP-BUND, mentre la seconda è agganciata all’Euribor (euro Interbank Offered Rate), a cui le banche applicano a loro volta un ‘differenziale’ rispetto a quanto pagano il denaro dalla BCE ma che nulla incastra con lo spread BTP-Bund.
Secondo alcuni analisti finanziari il problema dello spread che ha sfondato per poco i 300 punti, coinciso con la settimana, quella dopo il terzo venerdì di maggio, in cui l’indice MIB sconta i dividendi pagati ogni anno alle maggiori public companies italiane, ha natura maggiormente politica piuttosto che finanziaria.
La recrudescenza sugli indicatori economici italiani, sia per il crollo di Piazza Affari che per l’aumento improvviso dello spread, viene considerata infatti solo in parte basata su problemi di matrice economica: entrambi gli episodi, quello del 2011 e quello del 2018 poggiavano su un deficit italiano in continua ascesa, anche se allora erano un lascito del Governo Berlusconi prima, e del centro-sinistra coi governi Renzi-Gentiloni dopo.
Maggiore era piuttosto il timore da parte delle burocrazie e degli ambienti finanziari centro-europei che la crescita dei movimenti definiti ‘populisti’ – in ogni caso di orientamento conservatore – si affermassero con decisione in Italia realizzando politiche euro-scettiche, coincidendo, sempre secondo alcune fonti finanziarie indipendenti, con la mancata iniezione di Quantitative Easing da pare della Banca Europea proprio a ridosso dell’ultima decade di maggio 2018 (cosa che ha portato automaticamente alla crescita violenta del differenziale).