Soprattutto dopo la riforma Fornero si è spesso sentito parlare di pensione a quota 96, che ha mandato in crisi tutta una serie di categorie di lavoratori che hanno visto progressivamente allontanarsi la tanto sognata pensione. Ma vediamo nello specifico cos’è e come funziona la pensione a quota 96.
Cos’è la pensione quota 96?
Il numero 96 sostanzialmente nasce da un semplice calcolo, ossia la somma tra età anagrafica e anni contributivi. Per accedere alla pensione a quota 96, ossia una forma di pensione anticipata, vengono richiesti per gli uomini:
– 60 anni d’età + 36 anni contributivi oppure
– 61 anni d’età + 35 anni contributivi.
entre per le donne si prevedono requisiti meno rigorosi e la quota 96 viene raggiunta con il compimento del sessantesimo anni d’età e 20 anni contributivi. Possono essere sfruttate anche le diverse porzioni di quota si anni d’età e contributivi come ad esempio 60 anni e 6 mesi d’età e 35 anni e 6 mesi di contributi versati oppure 60 anni e 2 mesi d’età e 35 anni e 10 mesi di contributi versati.
Questi requisiti devono essere stati raggiunti necessariamente entro il 31 dicembre del 2012 e consentiranno ai lavoratori dipendenti del settore privato, iscritti all’assicurazione generale obbligatoria, di andare in pensione al raggiungimento del sessantaquattresimo anno d’età. Il requisito relativo al raggiungimento del sessantaquattresimo anno d’età non è fisso ma varia di anno in anno, in proporzione all’aumento delle aspettative di vita, basta pensare che fino al 2015 si richiedeva il compimento di 64 anni e 3 mesi, mentre attualmente il livello si è ulteriormente innalzato a 64 anni e 7 mesi.
A chi si rivolge la pensione a quota 96?
La pensione a quota 96 si rivolge esclusivamente ai lavoratori dipendenti del settore privato mentre ne rimangono esclusi i dipendenti del settore pubblico e i lavoratori autonomi. Spesso però non è semplice differenziare il settore pubblico da quello privato, generando tutta una serie di problemi. Si pensi ad esempio ai lavoratori dipendenti dei settori pubblici soggetti a processi di privatizzazione.
Come calcolare gli anni contributivi
Originariamente non potevano essere calcolati nel computo degli anni contributivi i contributi versati dai dipendenti del settore privato nelle gestioni speciali dei lavoratori autonomi come commercianti, artigiani e agricoltori diretti. La circolare Inps n. 219 del 2013 ha invece previsto che tra i contributi versati dai dipendenti privati ai fini del raggiungimento dei requisiti previsti per la pensione a quota 96 rientrano anche i contributi da questi versati nelle gestioni speciali dei lavoratori autonomi. In quest’ultimo caso però soprattutto per gli uomini viene richiesto il raggiungimento dei requisiti previsti per la quota 97, ossia il raggiungimento del sessantunesimo anno d’età e 36 anni contributivi, mentre per le donne rimangono fermi i requisiti richiesti per la pensione a quota 96 (raggiungimento del sessantesimo anno d’età e 20 anni contributivi).