Secondo Alessandro Di Battista, celebre ed influente voce del Movimento Cinque Stelle, il franco CFA sarebbe da annoverare tra le cause principali della crescente immigrazione che, ormai da qualche anno, affigge non soltanto le frontiere marittime italiane. Ma in cosa consiste? In seguito una descrizione a proposito.
Definizione
Pur dovendo doverosamente fare le dovute proporzioni, cosa buona e giusta sarebbe in apertura fare un raffronto. Il confronto in questione metterebbe in contrapposizione il nostro Euro con il franco CFA che ci si accingerò a descrivere. Se è vero infatti che, ormai nel lontano 2002, il continente europeo nella quasi sua totalità è riuscito a raggiungere l’unità monetaria tramite codesta valuta, è altrettanto vero che il franco CFA ha analogamente assolto a tale compito, con una giurisdizione che racchiude i confini di una moltitudine di nazioni africane.
Tuttavia, a separare i maniera piuttosto netta queste due monete è il fatto che il franco CFA si articola a sua volta in due varianti tra loro ben distinte e non scambiabili, ognuna delle quali emessa da una Banca Centrale diversa. La prima variate assume la denominazione franco CFA CEMAC, mentre la seconda variante prende il nome di franco CFA UEMOA. La prima è utilizzata nei seguenti stati: Gabon, Ciad, Camerun, Guinea Equatoriale, Repubblica Centrafricana e Repubblica del Congo. La seconda versione di franco CFA è invee utilizzata in un’altra zona del continente africano, riassumibile in quasi tutto lo spicchio occidentale.
I Paesi nel quale il franco CFA UEMOA possiede corso di validità vanno dal Burkina Faso al Senegal, dalla Guinea Bissau al Mali, dal Niger al Togo fino ad arrivare alla Costa D’Avorio. Tutti i Paesi, tranne la Guinea Bissau e la Guinea Equatoriale, sono stati nel corso della storia delle colonie francesi. I due stati che si discostano da questa dominazione sono stati, in ordine, soggetti al regime coloniale del Portogallo e della Spagna. A tutte le nazioni partecipanti a questa unione monetaria ci sono poi da aggiungere le Isole Comore, che tuttavia hanno fatto entrare in vigore nel loro territorio il franco comorano.
Nascita, cambio e funzionamento
La nascita del franco CFA è situabile nel mese di dicembre del 1945, in occasione degli accordi di Bretton Woods. In un primo momento, la sigla CFA stava a significare “Colonie Francesi d’Africa”. Un acronimo, questo, che poi è stato cambiato fino ad assumere l’appellativo di “Comunità Francese dell’Africa”. Ai giorni nostri, il cambio tra il franco CFA e l’euro ha carattere fisso. Questo sta a significare che un franco CFA possiede un valore equivalente di 0,00152449 euro. Invertendo l’ordine, è possibile affermare che il valore in franchi CFA di un euro è di 655,957.
Il tasso fisso finora menzionato è stato fatto entrare in vigore dal 1999, anno in cui da tale rapporto è uscita la precedente moneta francese (il franco). Ognuno dei Paesi che ha aderito a codesta associazione valutaria è tenuto alla partecipazione ad un fondo comune unico, che stando ad alcune stime a riguardo ammonterebbe a ben 10 miliardi di euro. La custodia di tale fondo è stata delegata alla Banca Centrale Francese.
Essa non è soltanto deputata alla custodia, ma i suoi compiti si estendono a quello di garante ed a quello di stampa materiale della moneta. Conseguenza naturale di questo fattore è ogni Paese deve porre in custodia presso il Tesoro francese una percentuale non inferiore al 50% delle proprie riserve valutarie. A questa percentuale c’è da aggiungere un ulteriore 20% definibile come una copertura contro eventuali passività di ordine finanziario.
Legame tra franco CFA ed immigrazione
Secondo Di battista, ma secondo anche altri autorevoli esponenti del Movimento Cinque Stelle, al franco CFA deve essere attribuita la poco onorabile reputazione di moneta coloniale. Una valuta, questa, che costituirebbe un freno al processo di sviluppo di Paesi in cui il tenore di vita non è certo eccellente. In maniera particolare, ad essere pesantemente penalizzate sarebbero le esportazioni, con gli investitori occidentali poco propensi ad acquistare beni e servizi presso realtà geografiche il cui tasso di cambio è fisso.
Senza poi contare che la Banca Centrale francese destinerebbe solo in minima parte fondi al reale sviluppo di questi stati. Nonostante il numero sempre crescente di detrattori, dall’altra parte vi è chi difende strenuamente il franco CFA, risaltando prima di ogni cosa il suo carattere volontario. Ogni stato può infatti aderire al franco CFA solo previa espressa volontà. Altro fattore su cui i difensori fanno leva è legato ala presunta stabilità economica e politica che il franco CFA garantirebbe.
Ma qual’è la verità?
Indipendentemente dalla reale o fittizia negatività del franco CFA, irrazionale parrebbe essere il nesso che lega questa moneta al fenomeno dilagante dell’immigrazione. I Paesi che adottano il franco CFA non compaiono infatti nella lista di quelli dai quali parte un numero maggiore di immigrati. In altre parole, la maggioranza degli immigrati che sbarca in Italia ed in Europa non proviene da Paesi che adottano il franco CFA, ma da Paesi come la Tunisia, l’lraq, il Sudan e l’Eritrea. Riguardo invece al presunto sfruttamento delle ricorse naturali africani ad opera dei francesi, medesimo discorso potrebbe valere, ad esempio, per gli interessi che l’Italia continua a tutelare in stati come Libia e Nigeria.