Leverage: cos’è e come funziona?

Il leverage (termine americano, in italiano “leva finanziaria”, in inglese “gearing”) è una pratica economica che assume una propria connotazione in due diversi campi dell’economia: quello aziendale e quello borsistico/finanziario.

Nell’ambito dell’economia aziendale e in particolare nell’analisi di bilancio, il leverage è l’effetto che si ha quando all’aumentare o al diminuire del rapporto d’indebitamento (cioè il rapporto che si ha tra debiti finanziari dovuti al ricorso al credito – indicheremo con “D” – e il capitale proprio d’impresa – indicheremo con “Cn”, capitale netto) aumenta o diminuisce l’indice di redditività sul capitale proprio investito (cd. ROE, return on equity) in presenza di un divario positivo tra l’indicatore di efficienza della gestione tipica di un’azienda, quindi degli investimenti su di essa (cd. ROI, Return on investment) e il tasso di interesse sul capitale preso a prestito (indicato con “i”).

Al fine di concretizzare il concetto appena enunciato procediamo con un esempio. Un’impresa prende a prestito €10.000 investendoli nella gestione tipica (ROI), cioè la parte di gestione d’azienda che si occupa della produzione del prodotto principale. Questi rendono €1.000 (diremo quindi che il ROI è del 10%) e il tasso di interesse è del 5%, per cui all’impresa il prestito costerà €500: la restante parte del guadagno, €500, rappresenterà un incremento del reddito (al netto delle imposte) e, dunque, un incremento di quello che prima abbiamo chiamato ROE.

È evidente che se il ROI è inferiore del tasso d’interesse, il ROE decresce con il crescere del rapporto di indbitamento (D/Cn). La letteratura economico-aziendale ci offre a riguardo una formula:
ROE=[ROI + (ROI – i)x(D/Cn)] (1-a),
dove “1-a” è un’aliquota d’imposta sul reddito “a”.
In altre parole, insomma, semplificando ancor più il concetto, potremmo definire la “leva finanziaria” come una pratica economico-finanziaria che ha come finalità quella di creare profitto utilizzando quanto più il ricorso al capitale di terzi, ovvero il capitale conferito da banche ed altri eventuali creditori a un’impresa.

A titolo di conoscenza è importante sapere che il meccanismo della leva finanziaria può non risultare particolarmente sicuro e privo di rischi; molte imprese, scegliendo di ricorrere al capitale di credito per finanziare la produzione, si ritrovano con un ROI negativo quando i tassi d’interesse aumentano, riscontrando così una tendenza negativa anche sul ROE. A tal proposito, infatti, si intuisce che la pratica del leverage è stato uno dei fattori che ha contribuito al formarsi della crisi che sta caratterizzando l’economia mondiale, dal momento che le imprese, spinte a un più elevato livello di indebitamento in situazioni economiche generali positive, a circostanze invertite, sono state le prime a incontrare difficoltà. Leva finanziaria positiva non significa, infatti, in nessun caso, possibilità di aumentare gli indebitamenti: vanno sempre e in ogni caso valutati innumerevoli fattori interni e esterni all’impresa.

In ambito borsistico e finanziario, la pratica del leverage assume un significato sostanziale simile, ma non uguale nella prassi. In tal caso, infatti, un investitore prende denaro in prestito da investire cosicché il rendimento risulti essere maggiore degli interessi sul denaro prestato. In una tale situazione però tutto è rimesso nelle mani dell’investitore che, grazie alle sue capacità, dovrà essere in grado di finalizzare al meglio il leverage.

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