La Cina Svaluta la Moneta, cosa comporta e conseguenze della svalutazione dello Yuan

L’economia cinese sta rallentando. Il governo cinese svaluta lo yuan ritenendola una soluzione a breve termine per la Cina, ma potrebbe avere effetti a lungo termine in Paesi se non interi continenti come l’Africa per il quale la Cina è il principale partner commerciale. Ma è chiaro che misure del genere sono pensate e realizzate principalmente per contrastare gli effetti che sul mercato hanno le politiche economiche degli Stati Uniti. Per capire meglio cosa succede e cosa comporta questo tipo di scelta, analizziamo più fattori sia endogeni che esogeni del fenomeno.

Svalutare la valuta di un Paese in modo così soggettivo è un’arma a doppio taglio. La svalutazione della valuta renderà le esportazioni cinesi più economiche e più competitive, rendendo le merci statunitensi più costose e meno competitive; le esportazioni di beni e servizi rappresentano il 20% del prodotto interno lordo della Cina, ma solo il 12% del PIL degli Stati Uniti. Quindi il danno che arrecherà alle esportazioni statunitensi è limitato. Quando un Paese svaluta la sua valuta, dovrà inevitabilmente affrontare il rischio di fuga di capitali. Questo è esattamente quello che è successo alla Cina nel 2015.

È noto che la Cina controlla il valore della sua valuta impostando un tasso di cambio giornaliero per lo Yuan rispetto al dollaro USA. Nell’agosto 2015, la Banca popolare cinese (PBOC) ha arbitrariamente svalutato lo yuan per diversi giorni consecutivi. Hanno spiegato che la mossa è stata quella di portare lo Yuan ad un valore più in linea con il mercato. Ma molti economisti sottolineano che i dati economici dei mesi precedenti hanno mostrato che la crescita economica della Cina è rallentata e le esportazioni sono diminuite.

Quindi la banca ha indebolito intenzionalmente la valuta cinese per dare impulso alle esportazioni ed alla crescita economica. La svalutazione dello Yuan ha causato anche la caduta dei mercati azionari di tutto il mondo e sia gli investitori nazionali che quelli internazionali dimostrano di aver perso fiducia nell’economia cinese. Gli investitori, agitati dalle condizioni del mercato, hanno iniziato a deviare i capitali dalla Cina. Per arginare questa fuga di capitali, il Governo cinese ha implementato misure estreme di controllo del capitale, tra cui il divieto di investimenti in uscita di almeno 1 miliardo di dollari da parte delle imprese statali. Inoltre sono tenuti particolari controlli per i trasferimenti superiori a 5 milioni di dollari provenienti da società straniere verso l’estero e vi è istituito l’obbligo, per le banche straniere operanti in Cina, di chiedere autorizzazione per acquistare valuta estera per i propri clienti.

Ma i pesanti controlli sui capitali non hanno arginato i modi creativi per spostare i capitali fuori dalla Cina, compresa la creazione di fatture false, documenti commerciali falsi e moduli doganali. Ne è un esempio quanto riferito dalle autorità circa un cittadino cinese che avrebbe utilizzato le quote annuali di acquisto di valuta estera (fissate a 50mila euro a persona) di 84 persone diverse per rimettere 4,35 milioni di dollari USA sui propri conti all’estero.

Questo è il motivo per cui, nonostante il rigoroso controllo del capitale, già nel 2015 la Cina ha registrato la fuga di oltre 500 miliardi di dollari di capitali proseguita con lo stesso ritmo per tutto il 2016 riproponendosi ora. La fuga di capitali è un grosso problema in Cina perché riduce la base imponibile del Paese e quindi riduce le entrate del governo, ciò influisce negativamente sulla capacità del governo cinese di coprire le spese interne ed estere.

Quello che sta accadendo ora è una vera e propria guerra commerciale tra Stati Uniti e Cina. Quest’ultima, svalutando nuovamente lo Yuan, costringe le imprese cinesi hanno limitare ulteriormente l’importazione di prodotti agricoli americani e il Dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti ha formalmente dichiarato la Cina come un Paese che viola i principi di legalità nel mercato con la sua politica manipolatrice. Dalla Cina però fanno sapere che quanto accade è frutto delle politiche protezionistiche di Trump volte a rafforzare il mercato interno USA con un inevitabile indebolimento della forza commerciale cinese. Insomma, una vera e propria sfida all’ultimo colpo di politica economica che rischia di avere pesanti conseguenze anche per l’Europa, essendo strettamente dipendente dalle dinamiche di entrambe le realtà in conflitto.

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