Le clausole di salvaguardia sono delle misure introdotte dopo la crisi del 2011, istituite al fine di preservare il Paese dai vincoli pattuiti con l’Unione Europea relativamente ai bilanci e alle spese da sostenere. Per far fronte ai conti pubblici, l’Italia prevede un aumento automatico dell’Iva, qualora se ne ponga la necessità.
Cosa sono le clausole di salvaguardia e come sono nate
Le clausole di salvaguardia sono vere e proprie norme a tutela dei conti pubblici. Per la prima volta se ne è parlato nell’ormai lontano 1998 ma in realtà il primo utilizzo è stato fatto nel 2011, quando cadeva il governo Berlusconi e l’Italia era a rischio default. Al fine di rassicurare i mercati fu praticata questa manovra correttiva che portò l’aumento dell’Iva dal 20 al 21% con conseguenti step per gli anni a seguire qualora non ci fossero stati i fondi necessari per ripristinare il sistema fiscale del Paese. Mario Monti con il suo governo ha confermato quanto era stato fatto, introducendo un aumento dell’Iva su base triennale.
Nel 2013 con il governo Letta si pone il problema di un ulteriore aumento. A questo punto si decide di passare da 21 a 22% per tamponare sempre quanto accaduto nel 2011. Con questo intervento si chiude il giro della prima clausola istituita per far fronte alla caduta del governo Berlusconi. Nel 2014 però con la legge di Stabilità, viene creata una nuova clausola a garanzia di un impegno pubblico, dal nome tax expenditures. La stessa viene poi ereditata dal governo Renzi che decide di abrogarla e coprire le spese, entrando in deficit.
Allora, viene istituita la terza clausola, quella ancora in vigore. La legge di stabilità del 2015 ha portato la necessità di aumentare l’Iva di un punto nel 2017 e mezzo punto nel 2018. Renzi però modifica la clausola, come i suoi successori Gentiloni e Conte. Arriva poi il momento del governo attuale, M5S-Lega, totalmente in deficit, che non ha coperture reale per 12.5 miliardi.
Cosa prevedono le clausole di salvaguardia
Queste norme sono state create per stabilire una sorta di ‘pagherò’ al fine di aumentare le entrate fiscali. Tuttavia negli anni hanno subito svariate modifiche per impedirne di fatto l’entrata in vigore. Le clausole prevedono una variazione automatica di alcune voci e tasse, sono finalizzate a salvaguardare determinati obiettivi di finanza pubblica e prevedono l’incremento del gettito. Il loro fine ultimo è perseguire una maggiore entrata in tempi brevi. Introdotte dal governo Berlusconi con il decreto-legge n. 98 come tagli alle detrazioni fiscali sono poi state modificate da Monti che ha determinato l’aumento dell’Iva.
I governi a seguire hanno dovuto fare i conti con questa realtà, cercando di impedirne l’entrata in vigore per non tassare ulteriormente i cittadini. Le clausole per il 2019 e 2020 sono state parzialmente sterilizzate, tuttavia risultano ancora attive: aumento dell’IVA a decorrere dal 2020, aumento dell’aliquota sul carburante (per produrre 350 milioni di euro dal 2020). L’effetto complessivo dovrebbe totalmente coprire entro il 2021 quanto dovuto dall’Italia.
Quando dovrebbero scattare le clausole di salvaguardia: le prospettive per l’Italia
L’Italia attualmente è in deficit e dovrebbe stanziare 12.5 miliardi di euro per risanare i debiti. Quando è stata approvata la legge di bilancio 2019, una delle discussioni principali riguardava proprio le clausole e gli scatti d’Iva. L’Italia, per evitare un aumento, avrebbe dovuto versare quanto dovuto ma questo non è stato fatto. Il rischio quindi è che il prossimo anno l’Iva possa passare dal 22% attuale al 25,2% e quella ridotta dal 10% al 13% a meno che il governo Conte non riesca a trovare 23.1 miliardi di euro entro il 2020.
Qualora questo scenario si verifichi il problema diventerebbe enorme per gli italiani e l’economia, l’Iva così alta abbasserebbe immediatamente tutti i consumi e l’economia subirebbe un danno senza eguali. Sarà quasi impossibile per l’Italia evitare l’aumento dell’Iva. Aver deciso di non farlo quest’anno non pone alcuna soluzione ma aumenta solo il carico che avverrà tutto insieme. Questo porterà oltre all’aumento dell’Iva anche tagli netti ad agevolazioni e benefit con un effetto decisivo per i consumatori in primis e per le casse dello Stato.