Per capire cosa prevede il bail in è necessario partire da un concetto importante, che riguarda la proprietà del denaro. Forse non te lo sei mai chiesto perchè ritenevi la risposta scontata, ma nel momento in cui tu effettui un deposito nel TUO conto corrente, di chi è quella somma? Per aiutarci a capire leggiamo cosa dice l’articolo 1834 del codice di civile:
“Nei depositi di una somma di danaro presso una banca, questa ne acquista la proprietà ed è obbligata a restituirla nella stessa specie monetaria alla scadenza del termine convenuto ovvero a richiesta del depositante, con l’osservanza del periodo di preavviso stabilito dalle parti o dagli usi”. Per la legge e, quindi, di fatto, i soldi che hai depositato non sono più tuoi ma della banca. Dal momento che tu hai prestato del denaro alla banca, quest’ultima può disporne come meglio crede.
A sua volta la banca cosa fa di questa somma che tu le hai prestato? Semplicemente la presta ad altri soggetti (persone, aziende o altre entità economiche) in cambio di un interesse. Tutto chiaro, tutto bene finchè coloro che hanno ricevuto i tuoi soldi, anzi i soldi della banca, possono restituire le somme ricevute con gli interessi. Ma cosa può accadere in particolari periodi di crisi? Può accadere che i debitori diventino insolventi, che non riescano a rifondere il proprio debito generando, si dice, una “sofferenza” prima ed un “credito deteriorato” poi.
In altre parole la banca non riesce a rientrare del denaro prestato. Se l’insolvenza è isolata o, comunque, poco significativa dal punto di vista dell’entità, ci sono ampie garanzie a copertura di queste evenienze, ma se il numero delle insolvenze cresce diventando sistemico? In questo caso sorge un problema di sostenibilità del proprio debito da parte della banca. Può essere necessaria un’operazione di “salvataggio” dell’istituto di credito coinvolto nella crisi, per evitare il suo “crack” finanziario. E’ a questo punto che entra in gioco il bail in.
A partire dal primo gennaio 2016 in tutti i paesi dell’Eurozona sono cambiate le nuove norme di salvataggio delle banche in crisi. Da allora è infatti entrata in vigore la nuova normativa europea Bank Resolution Recovery Directive o BRRD che disciplina proprio le modalità con le quali si deve intervenire in questi casi. Si tratta di una direttiva pensata con l’obiettivo di evitare che future crisi bancarie possano pesare in modo indistinto sui contribuenti dei paesi membri dell’area euro.
Il bail in, infatti, si contrappone al bail out, modalità di salvataggio in uso prima della direttiva suddetta. Prima del 01/01/2016 anche se per alcuni aspetti si deve risalire a prima del 2013, le banche in difficoltà che rischiavano il fallimento, venivano salvate mediante un intervento diretto dello Stato, il quale faceva uso dei soldi di tutti i contribuenti. La normativa attuale prevede, invece, che siano gli investitori delle banche stesse a provvedere autonomamente al ripianamento dei conti.
Il cambiamento è stato molto importante e non è ancora stato digerito da una parte importante dell’opinione pubblica. Bisogna ammettere, però, che sono circolate un bel po’ di notizie quantomeno imprecise e fuorvianti sul provvedimento che, è giusto ribadirlo, riguarda tutti i membri della Comunità Europea. Cerchiamo di fare un po’ di chiarezza: chi sarà chiamato ad intervenire nel caso in cui una banca rischi di fallire? Quando e in che misura dovrà farlo?
Per iniziare diciamo che prima di coinvolgere correntisti e risparmiatori nel salvataggio dell’istituto bancario, verranno tentate altre strade come, per esempio, la cessione di un “ramo” della banca ad un altro istituto oppure la creazione di un’altra realtà bancaria creata appositamente per gestire la liquidazione delle passività (la cosiddetta bad bank). Solo se tutti gli altri provvedimenti non basteranno si ricorrerà al bail-in.

Bail In
A questo punto il bail-in si applicherà seguendo una gerarchia che prevede che chi ha investito in strumenti finanziari più rischiosi sostenga per primo le eventuali perdite. Solo dopo aver esaurito tutte le risorse della categoria più rischiosa si passa alla categoria successiva. La gerarchia prevede la seguente “scala”: per primi devono intervenire gli azionisti, poi gli obbligazionisti (subordinati prima e “senior” poi) e infine i correntisti della banca stessa.
Non è il caso, però, che ti preoccupi eccessivamente se hai un conto corrente: a contribuire al salvataggio del gruppo in crisi saranno solo quei clienti che deterranno un deposito superiore a 100 mila euro. Gli altri correntisti saranno protetti dal Fondo di Garanzia dei Depositi. A questo aggiungi che, se il conto è cointestato, il limite di 100.000 Euro va moltiplicato per ogni cointestatario. Tutto il resto dei tuoi investimenti (titoli di Stato, azioni di altre banche o società, fondi di investimento, conti e depositi presso altre banche ecc.) sarà al di fuori da ogni rischio.